se la comfort zone é la nostra cella, la nostra prigione,
la timidezza é la nostra aguzzina, la nostra carceriera.
Sorella dell’insicurezza, la timidezza é quell’aspetto di noi che ci impedisce di esprimerci liberamente, di vivere la nostra vita al 100%
Errore che moltissime persone fanno é considerarla una condanna.
Una cosa di cui non ci si potrà mai liberare.
Un aspetto di noi che non si può cambiare.
“non ci posso fare nulla…sono fatta così..”
Terribile frase, forse una delle peggiori che una persona possa dire di se stessa.
Contrariamente a quanto si crede o si pensa la timidezza é un comportamento, o per dirla all’inglese, un behavior, che é stato appreso nel corso degli anni, man mano che esploravamo il mondo.
Avete mai visto un neonato farsi dei problemi a piangere ed urlare a qualunque ora del giorno e della notte per che a fame o altro?
Quando mai un neonato si fa dei problemi a gattonare qua e la completamente nudo o nuda?
Timidi non si nasce, si diventa.
Il perché uno lo diventa a poca importanza , quello che importa e capire che come la si é appresa la timidezza la si può modificare, sostituire, cancellare (cosa che comunque é sconsigliabile), farla diventare un arma (all’occorrenza)
La buona notizia per tutti i timidi é che possibile disfarsene…e soprattutto …molto velocemente.
Il nostro cervello in fatto di reattività é un campione come lo é in fatto di velocità.
Quindi perché mai ci dovrebbe voler molto tempo per modificare qualcosa che é nella nostra testa?
Un altro errore comune é quello di non considerarlo un impedimento.
Molte persone persino negano di esserlo e poi quando si trovano al cospetto del boss o del insegnante durante una interrogazione ecco che cominciano a balbettare, le mani diventano sudaticce la voce debole e a tratti tremolante…pero se glielo chiedi dirà che non stava ben, o che era in preda di un attacco di panico piuttosto che ammettere semplicemente di essere timida.
Queste persone vivono comunque mentendosi costantemente, relegando l’origine dei propri guai a tutti e tutto fuorché se stesse e la propria timidezza.
Le persone in qualche maniera vivono comunque…anche se timide.
Riescono comunque a farsi una famiglia, a trovare un lavoro insomma SI! riescono ad “andare avanti.”
Ma ci rendiamo conto dell’eresia… “vivere per ANDARE AVANTI”?
Ed ecco che la timidezza diventa la mamma del “sopravvivere”.
Ma ognuno di noi é nato per vivere la propria vita senza limiti e limitazioni…ognuno di noi, se sano, ha l’obbligo di vivere appieno la propria vita e non solamente sopravvivere.
Vengono generalmente ignorate le conseguenze dirette dell’essere timidi.
Sul posto di lavoro si viene continuamente surclassati da individui spesso non particolarmente geniali ma sicuramente molto gioviali ed estroversi.
Alle feste il nostro posto é sempre stato quello di spettatori delle umane vicende della festa condividendo il proprio spazio con un comò od un tavolino o , quando fortunati, una poltrona in cui ci seppellivano fino alla fine della tortura.
Ed ecco che subito qualcuno interrompe per dire : ma io alle feste ci vado e mi diverto” e mentre lo dice sorseggia il suo 3° whisky o Gin o qualunque altra cosa stia bevendo di alcolico.
Dai ragazzi ero un timido e so tutti gli escamotage che si usavano per darci un tono…chi fuma una sigaretta dietro l’altra per potersi allontanare dalla festa e raggiungere il balcone o il giardino.
Qualunque posto é sempre meglio che stare nel girone dell’inferno .
Poi ci sono quelli che vanno di coca o altri eccitanti per affrontare lo stress della festa e diventare
il più coraggioso di tutti….bel coraggio.
E poi ci sono quelli che vanno alle feste per stordirsi a tal punto dal doversi far raccontare dagli altri la festa stessa perché lui non ricorda più nulla…ma allora perché sei andato alla festa?
Cari timidi ammettiamolo essere timidi é una vera rottura.
Quanti ragazzi o ragazze ci siamo lasciati sfuggire perché …non abbiamo “osato” farci sotto.
A scuola chi veniva preso di mira dai bulli?
Certo si vive lo stesso, non tutti comunque.
Cari timidi diamoci una mossa…non é il mondo ad essere stato ostile con noi siamo noi che ce le siamo tirate addosso.
SI…ecco… forza ditelo: “ ma che cazzo dici?” …perdonate il francesismo.
Quando faccio questa affermazione solitamente vengo coperto di improperi…;)))
Pensatela pure come volete…io comunque non sono più timido e faccio il mestiere che faccio e voi?
“Cadi 7 volte e rialzati 8″… Frase decisamente molto “motivazionale”.
Ma…qualcuno mi sa dire come fare?
Quello che ha scritto questa bella frase non poteva anche allegare delle istruzioni per l’uso.
Come faccio a rialzarmi da una brutta caduta e subito dopo tentare ancora?
Non ci vuole niente a proferire queste parole ma ci vuole tanto , tantissimo per metterle in pratica…almeno questo é quello che moltissimi mediocri pensano. Il prezzo é talmente alto, che preferiscono mollare la presa e cambiare decisamente direzione.
Ma é veramente così arduo ritentare?
La maggior parte delle persone non parla apertamente dei propri fallimenti perché pensano che fallire sia un disonore, un qualcosa di talmente brutto da doverlo tenere nascosto.
Hai fallito quindi sei un fallito.!
Quando sei stato sconfitto una volta é facile pensare che continuerai a fallire. Siamo abituati ad associare all’errore la persona.
Dopo un errore, devi solo ristrutturare le tue convinzioni e smussare gli angoli della tua autocritica più feroce e dirti semplicemente:” io non sono un errore” ma “Ho solo commesso un errore”.
L’insuccesso, in realtà, ti aiuta a crescere. Abbracciare la possibilità di fallire é la chiave per affrontare le sfide.
Se “saprai” fallire, se svilupperai questa skill di successo…ce la farai.
La squadra che si trova sulla soglia della sconfitta avrebbe potuto mostrare un livello straordinario di ingegno e intensità in qualsiasi momento della partita. Aveva il potenziale e l’opportunità di superare gli avversari all’inizio della partita. Ma a volte, nonostante le loro intenzioni, i giocatori fanno solo uno sforzo mediocre finché non è troppo tardi. A volte il fischio che annuncia l’ammonizione di due minuti è solo una formalità che indica la probabilità di una sconfitta imminente e irreversibile.
E così è per la vita umana individuale. I secondi scivolano in minuti, e i minuti in ore, e le ore in giorni, finché una mattina ci svegliamo e scopriamo che i momenti di opportunità sono finiti. Trascorriamo i nostri ultimi anni rivivendo sogni che avrebbero potuto essere, rimpiangendo tutto ciò che non è mai stato e che ora non sarà mai.
Quando il gioco della vita finisce, non c’è una seconda possibilità di correggere i nostri errori. L’orologio che scandisce i momenti della nostra vita non si preoccupa dei vincitori e dei perdenti. Non si preoccupa di chi ha successo o di chi fallisce. Non si preoccupa delle scuse, dell’equità o dell’uguaglianza. L’unica questione essenziale è come abbiamo giocato la partita.
Oggi ognuno di noi ha a disposizione 1.440 minuti; 86.400 ticchettii dell’orologio. Sia i poveri che i ricchi hanno le stesse 24 ore di opportunità. Il tempo non favorisce nessuno. Oggi dice semplicemente: “Eccomi qui. Cosa ne farei di me?”. Il modo in cui utilizziamo ogni giorno è in gran parte funzione dell’atteggiamento. Con il giusto atteggiamento possiamo cogliere questo giorno e farne un punto di nuovo inizio. L’oggi non si preoccupa dei fallimenti di ieri o dei rimpianti di domani. Ci offre semplicemente lo stesso prezioso dono – altre 24 ore – e spera che lo useremo con saggezza.
Dipende solo da te che cosa ne farai del tuo tempo!